L’ASTRATTO

…Insomma egli costruisce ricordi che testimoniano nella scansione geometrica, nelle fratture, nelle lacerazioni e in quel tanto che di incompiuto sussiste, l’impronta di un uomo, dell’homo faber del nostro secolo.

Luigi Lambertini , critico d’arte

Io faccio scultura...

Mi ha già spiegato in precedenza che in tutte le sue sculture è presente un insieme di lamine, generalmente lucide e riflettenti luce; lo posiziona al centro, geometrico o ottico, dell’opera. Nei suoi ricordi la prima idea di questo elemento comune e conduttore delle sue opere risale a una visita a Venezia, mentre con lo zio Bruno Saetti guardavano la laguna di San Marco ed il riflesso del sole sull’acqua in movimento produceva un susseguirsi di riflessi, lineari, paralleli o convergenti. La riproduzione di questo ricordo-emozione-immagine nelle sue opere, brunite, arrugginite, consumate è perciò l’elemento di luce, di speranza, di rassicurazione oltre che di imponderabilità, di sorpresa, di rottura di equilibri codificati. Non so se da subito o con il tempo questo elemento di irrazionalità è poi diventato nella sua interpretazione il bisogno di Assoluto, la certezza dell’esistenza di Dio, il messaggio della sua fede nel divino, nella Luce e nell’Amore per l’eternità; questi, infatti, sono i significati che negli ultimi anni riferirà a chi gli chiederà spiegazione dell’inserto di queste lamine, di questi raggi, sempre più stilizzati ed essenziali.

(da FRANCESCO BRUNETTI MIO MARITO, di Elisabetta Frejaville)

Così, in silloge armoniosa, intessendo sottilmente storia e memoria, si sono allineati nel tempo, i suoi reperti: archétipi arcaici di un arcaismo primigenio, recupero poetico–artigianale ad alto livello, strutture iconiche e materiche curiosamente legate alle istanze del nostro tempo.

Giovanna Pascoli Piccinini

Sculture Reperto

Passiamo un’ora stupenda in cui mi spiega il significato delle sue opere astratte, cui dà il nome di “Reperti”: opere di ferro e di legno, dove il materiale (putrelle, lamine, bulloni) viene da lui lavorato per assumere l’aspetto di oggetto consumato dal tempo, arrugginito, rotto e ricomposto, con il risultato finale di un reperto appartenuto al nostro tempo e conservato come testimonianza per i tempi futuri. A volte i reperti sono in bronzo fuso da modelli in cera che lui stesso compone nel suo studio. Mi spiega anche che il titolo di “Reperto” è seguito da un numero oltre il 2000, in riferimento all’anno in cui ipoteticamente sarà ritrovato dall’uomo di domani. Lo stesso numero, assegnato in ordine progressivo alle sue opere, richiama la numerazione data agli oggetti ritrovati nel corso di spedizioni archeologiche

(da FRANCESCO BRUNETTI MIO MARITO, di Elisabetta Frejaville)

… mi pare che la cura, l’amore, direi quasi la religiosità con la quale Francesco Brunetti chiude, anzi, preserva le sue sculture, siano da teca, da bacheca, da incubatrice, da altra aria, altra atmosfera, dove il contatto col «nostro» umano potrebbe far crollare tutto, contaminare la materia e incenerirla.

Didi Parisano

Trionfi

…la svolta dai “reperti” alla serie di opere chiamata “Eldorado” è ormai avviata. Quando in un altro libro antico trova la descrizione della tecnica del cesello a sbalzo usata dal Cellini, comincia a disegnare e cesellare opere su una distesa di pece nera, in cui sempre più spesso è presente l’ottone sbalzato con inserti di smalti e pietre dure.

(da FRANCESCO BRUNETTI MIO MARITO, di Elisabetta Frejaville)

Eldorado