GLI ORI
Si debba pigliar oro purgatissimo e nettissimo e che sia di XXIV carati, et avendolo di questa finezza, si debbe battere sopra un’incudine col martello et il dett’oro si ha da condurre in tanta sottigliezza…
Benvenuto Cellini “Trattato dell’Oreficeria e della Scultura”, Capitolo XIV – Edizione 1568
È un incontro, forse casuale, che favorisce un felice sodalizio intenso e costante con l’arte orafa, quello avvenuto agli inizi del 1970 tra Francesco Brunetti e un antico libro di sapienza, di tecniche, di esperienze di vita come il “Trattato dell’oreficeria e della scultura” di Benvenuto Cellini. Lo ricordava spesso e ne parlava volentieri con noi suoi colleghi della sua stessa disciplina presso il Liceo Artistico di Bologna.
L’amore per il gioiello e la nobilissima arte dell’oreficeria lo avevano affascinato e rapito da tempo, ma è stato proprio questo incontro fatale ad aprire una ricerca autonoma, importante e parallela a quella della sua scultura. Ne nasce così, per esempio, una magnifica parure ”Alla mia donna” quella formata da collana, orecchini ed anello: la collana è costituita da diciotto elementi ottagonali non regolari, ornati al centro da altrettante pietre preziose incastonate, tutte diverse, che costituiscono una tavolozza di colori luminosi e splendenti, dove l’oro riluce. La scelta delle pietre va dallo smeraldo medioevale, all’ametista, al rubino, dall’acqua marina al turchese egiziano … tutto intorno l’inserimento di perle a goccia che alleggeriscono e legano l’intero monile. Gli orecchini con pendenti hanno, invece, al centro uno smeraldo ed un rubino. L’anello con castone centrale sempre con un rubino sfaccettato porta tutto intorno la scritta “alla mia donna” incisa con caratteri irregolari. E’ l’oro il metallo prescelto per la lavorazione, uno dei metalli più preziosi nell’oreficeria. I gioielli sono eseguiti prevalentemente in oro giallo, il più luminoso, tenero, duttile e malleabile, simbolo di purezza e di valore. La scelta è decisa, Francesco ha affrontato la nobile arte dell’oreficeria come uno scultore sa e può fare rinnovandola e sottomettendola alla propria volontà. L’orafo è sicuramente uno degli artisti più completi, deve possedere una grande abilità tecnica e meccanica e innumerevoli conoscenze; deve lavorare in piccolo sapendo declinare delicatezza, grazia e forza. Non a caso i grandi scultori del Rinascimento ed oltre si sono formati nelle più importanti botteghe orafe.
Così Francesco Brunetti ha saputo coniugare tradizione e innovazione nella più bella e importante storia del gioiello moderno e contemporaneo. Maestro nello sbalzo e nel cesello, ha saputo “piegare” con queste tecniche antiche i diversi elementi dei suoi gioielli. Lo sbalzo è l’arte di lavorare la lastra d’oro a rilievo, appoggiandola su una base normalmente di pece, lavorandola sempre sul retro ragionando in negativo su disegno già prestabilito. Si riscalda la lamina e con mazzuoli e attrezzi arrotondati si batte per ottenere dalla parte opposta la decorazione a rilievo. E’ una delle tecniche più affascinanti e viene completata dalla cesellatura, che si esegue sul fronte, con strumenti di acciaio che hanno all’estremità diverse sagome per ottenere il contorno del disegno ed imprimere incavi più o meno profondi. Ne abbiamo un bellissimo esempio nel pendente “Impero” dove un grande smeraldo incastonato al centro è racchiuso da una ghirlanda continua. I rilievi delle foglie sbalzate si elevano da un castone di zaffiro sfaccettato, mentre sul fondo una lunga goccia d’oro conferisce una grande leggerezza. Anche nel girocollo denominato “ Levata di scudi “ lo sbalzo è altissimo: il castone imprigiona innumerevoli rubini e una originale perizia tecnica viene usata per collegare i vari elementi modulari aprendo le estremità dell’oro a graffetta e concludendoli con altri piccoli castoni di rubini. Nel girocollo ”Egeo” abbiamo, invece, l’uso del corallo intercalato con lapislazzuli a forma cilindrica intervallati dall’oro e un originalissimo incrocio sul davanti del collier che porta a due cadute centrali con castoni di zaffiri e due gocce di smeraldo medioevale. I colori, la ricerca tecnica, la catena di chiusura appositamente eseguita su disegni antichi richiamano l’arte orafa dell’antico Egitto. La scelta dei materiali e delle pietre ha costituito per Francesco un altro momento fondamentale, come si può notare dai numerosi disegni progettuali. Le pietre preziose dovevano essere pure, perfette nel-
la luce, con colori pieni e intensi, scelti sempre con cura, dovizia ed amore. Spesso era proprio una pietra particolare ad affascinarlo, ad ispirarlo, sapeva sfruttarne tutte le peculiarità per costruirle intorno una creazione unica. A questo proposito, mi aveva raccontato, che le pietre le sceglieva personalmente da Vagnini e Zangheri a San Giovanni in Marignano o a Desio, dove le pietre non ancora lavorate erano poste
in grandi cumuli. I suoi occhi brillavano nel racconto, ed io immaginavo rapita queste immense montagne di lapis, di giade, che in quel momento riuscivo a visualizzare
perfettamente grazie al suo entusiasmo ed alle sue parole. I monili della serie “Reperti” sono particolarmente vicini alla ricerca della scultura, eseguiti a cera persa, poi lavorati e punzonati. Pur richiamando frammenti e lacerazioni, evocano forme primordiali,
elementi forti impreziositi a volte con alcune perle. Il “ cammeo azzurro” per esempio, è costituito da quattro fili di perle di lapislazzuli legati con trecce in oro con due castoni a sbalzo con smeraldi. Il meraviglioso cammeo in lapislazzuli è circondato da una corda
in oro da dove scende un pendente di perle, rubino ed una goccia poliedrica di lapislazzulo. Il colore azzurro lega ogni elemento ed è illuminato dai bagliori
dell’oro, degli smeraldi e del rubino. Una luminosissima acqua marina fa da perno centrale di un anello circondato da elementi decorativi vegetali eseguito a cera persa. E’ un legame del tutto speciale quello che si viene a creare tra la forma dell’anello e la grande e preziosa pietra azzurra, che trattiene i colori e la luce della profondità del mare. Come non menzionare, infine, i meravigliosi orecchini a pendente che progettava
ed eseguiva pensando alle sue ragazze: Elisabetta, Chiara, Sara, e Genny.
La parte sbalzata normalmente in alto è costituita da contrasti di pietre o dall’inserimento di perle bianche o nere e nei pendenti castoni, oro sbalzato o l’inserimento
di monete antiche. Felicità di dare felicità, era l’indole di Francesco Brunetti, uomo generosissimo, che amava fare regali consapevole di donare soprattutto il suo prezioso
lavoro di pazienza e dedizione. Ed una volta terminata la “gioia”, un suo gioiello, ecco un altro risvolto peculiare di Francesco: la ricerca di confezioni povere ed insolite per aumentare la felice sorpresa di chi riceveva il dono grazie alla scoperta, in una umile scatola di cartone, di un magnifico monile. Come accennato sopra, i numerosi disegni preparatori e di progettazione sono rivelatori dell’incessante ricerca stilistica di questo
artista infaticabile, curiosissimo e aperto a diversi stimoli. Nel corso della sua carriera, infatti, Francesco ha attinto a tantissime culture, da quelle primitive a quelle mediorientali, da quella etrusca a quella bizantina, prediligendo le forme piene e perfette della più raffinata oreficeria dell’antichità romana. Approfondimenti e conoscenze che gli hanno permesso di maturare conoscenze tecniche ed un linguaggio artistico proprio, riconoscibile e coerente. In questi disegni, ottiene, con l’utilizzo di materiali semplici come matite, chine e pennarelli colorati, un considerevole risalto plastico e tridimensionale, per enfatizzare le forme del gioiello e il colore delle sue amate pietre preziose. Sono una vera festa per gli occhi e costituiscono un importante
patrimonio per comprendere l’intera evoluzione della sua produzione orafa.
La scelta è decisa, Francesco ha affrontato la nobile arte dell’oreficeria come uno scultore sa e può fare rinnovandola e sottomettendola alla propria volontà.
Mirta Carroli
Francesco Brunetti Scultore